domenica 12 settembre 2010

Il mondo possibile

La vita, come una storia d'invenzione, è sottesa da un'immensa struttura fatta di caselle vuote, di percorsi non esplorati e l'uomo può su questa struttura di base ricamare infinite trame utilizzando sempre le stesse poche funzioni semantiche. La trama che in un dato momento si sta costruendo rappresenta solo una delle storie, uno dei mondi possibili. Quest'operazione è concepibile solo presupponendo una rimessa in discussione totale e costante di queste semantiche. Ogni scelta, ogni passo, ogni parola va discussa prima e dopo la sua esternazione. Io reputo questo un atto di estrema libertà. L'incontro/scontro con l'altro e con il suo mondo non può che creare un turbamento nella tessitura del mio. Un turbamento tale che ho sempre ritenuto opportuno sottoporre ad analisi e ridiscussione la mia storia, le miei convinzioni, i miei stati metali alla luce di quelli dell'altro. E così è stato con te. Ho buttato giù due righe, per rileggerle da sola, in lontananza, controluce. Erano belle. E così ho continuato a scrivere sapendo che non avrei avuto il tempo di completare l'opera. Ma l'ho fatto comunque, poichè interrompere la bellezza di un incontro sarebbe come privare la struttura della propria energia. Non so quanto tu abbia percepito l'interrogazione che ho posto. Sei una trama, un mondo possibile. E non è poco essere un mondo possibile nell'universo dell'altro. Non una stella, un pianeta morto, una polvere, ma un mondo pullulante di vita. Combatti te stesso e le tue incertezze. Disabituato all'attenzione come all'amore. Straniero nella competizione con l'altro che comporta annullamento e reinvenzione di sè. Ma io non cerco la semplice normalità: indago il non-comune, il frantumato e il frantumante. Poichè penso che è nella rottura il punto di partenza per il conseguimento della libertà e il godimento pieno. Io posso essere libero nel momento in cui non solo brucio un trama, ma scompongo l'ordine delle caselle nella struttura, perchè posso decidere come e perchè. Io credo che tu percepisca il disagio e tenti di esorcizzarlo invece che cavarne energia. Mi hai chiesto più volte, in questo tempo che abbiamo condiviso, di definire verso dove stavamo andando, come sarebbe stata l'opera una volta completa. Io non ho risposto. Non esiste una risposta. Io continuerò certamente a scrivere, poichè non sono abituata ad interrompere una trama se questa porta ancora significazione e bellezza. Tendo a te perchè voglio ancora abitare questo mondo possibile. Non sei la giustificazione di una scelta, ma la scelta stessa.

2 commenti:

LaCozza ha detto...

Te l’avevo già accennato, il mio egoismo mi porta a non tollerare il rischio di poter dare noie a chicchessia. All’altro. Agli altri. A te. Soprattutto a te. Io li vedo i carichi insostenibili che porti su quelle spalle esili e mi stupisco della quantità di responsabilità ingombranti che nessuno vuole condividere con te e che riesci comunque a sopportare. Ti detesto perché continui a farlo e ti ammiro. Io vorrei esserti d’aiuto ma non ci riesco. Vorrei offrirti una soluzione, indicarti una via d’uscita ma non ci riesco. Vorrei essere capace anche solo di distrarti un po’. E spero di avercela fatta qualche volta.

Ma no, non ho percepito l’interrogazione che hai posto. Non ho voluto, forse non ho saputo. Tu mi spingi in profondità, mi costringi all’esplorazione, alla rielaborazione, al recupero forzato di suggestioni e stati d’animo a cui avevo rinunciato. Mi obblighi al terrore dell’incertezza e al limbo cruento dell’indecisione. Mi induci ad un confronto con la ragione, dopo parecchio tempo in cui unicamente all’istinto ho delegato le poche scelte importanti che ho compiuto. E l’istinto mi ha demolito. Mi ha guidato verso l’indifferenza, le paure, le ossessioni. Mi ha portato allo smarrimento e all’ambiguità: sicuro, deciso, forte in superficie; perduto, attanagliato dal dubbio, nell’intimo profondo, fino all’annichilimento. Al limite dell’alienazione.

Tu adesso mi spingi in profondità e insieme mi riporti in superficie. Ti affacci dove nessuno aveva mai scrutato prima. Avevo accompagnato qualcuno fin qui, ma sempre a sua insaputa. Tu invece sei presente e insieme a me puoi osservare l’ambiente che ti circonda, che mi contiene, che io contengo. Cosa vedi? Ho paura di chiederti cosa vedi perché ciò che io vedo non mi piace. E come posso lasciarti abitare questo posto che non mi piace? Ho paura che non ci sia nulla da scombinare e ricostruire, nulla da frantumare e da cui ripartire. E ho paura allora di lasciarti sola ad esplorare. Perché potresti perderti. Perché potresti perdermi. Perché potrei perderti. E, in ogni caso, non sarei in grado di sopportare.

PERLA NERA ha detto...

Quello che tu chiami egoismo, io la chiamo bontà, sensibilità, attenzione. E se l'istinto finora ti ha inaridito, allora prova almeno a percorrere quest'altra strada. Accompagnami in questa profondità che non ti piace, magari chissà, a guardarla insieme sembrerà diversa... :) anch'io ho tanti difetti, ma non bisogna essere perfetti per far star bene qualcuno. Per amare. Per lasciarsi amare. Ti prego, prendimi per mano...