martedì 4 ottobre 2011

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Ora che sto così rappresa nella posizione di chi non considera le conseguenze dei suoi errori vorrei sapere a che valgono i giorni spesi per gli altri quando è solo in me stessa, nel groviglio dei miei fraintendimenti che ritrovo un ordine. Che può saperne un uomo della perfezione che esiste in un singolo istante e dell’incapacità ad accettare il tempo che non contiene la stessa precisione di quell’istante. Sarei disposta a ritrovarlo anche se ciò dovesse significare distruggere tutto il resto. E se alla fine non dovesse esserci niente lo disegnerò su un muro di cristallo per poi distruggerlo. Forse allora mi convincerò che quello che ho sempre cercato non esiste più.

1 commento:

Giù ha detto...

Un uomo conosce bene la perfezione di un singolo istante. Un essere umano è altrettanto consapevole che la reiterazione di quello stesso istante è utopia. La perfezione, la precisione non sono degli umani. Gli umani vi accedono al massimo, appunto, per degli istanti.
Sacrificare sempre tutto per la ricerca esasperata del prossimo istante è una condanna alla solitudine.
Non è detto poi che la ricerca implichi la certezza di ritrovarlo. Non è detto che sia per forza distruggendo che vi sia la possibilità di ritrovarlo.
Non è detto, ma potrebbe anche essere che sia costruendo.
Il solo fatto che due persone provochino un istante di perfezione (ovvero un istante che entrambi, nella loro singolarità, considerano perfetto) è la prova che può accadere ancora. Diverso, ma altrettanto perfetto.
L'ordine, il senso ultimo è comunque soltanto in sè stessi. Ma l'ordine e il senso, è sottinteso, non sono abbastanza. Il disordine provocato dall'altro è la chiave d'accesso ad una perennemente sfuggente, ma autentica, perfezione.
I giorni non sono mai spesi solo per l’altro. Lo scambio, il dare e il ricevere, è la base imprescindibile su cui si poggiano gli istanti di perfezione. Soli possiamo essere, anche per sempre, ordinati. Insieme possiamo essere, anche solo per pochi istanti, perfetti.
Io, nonostante tutto, scelgo insieme.
Il tempo che non contiene quegli istanti non è insensato. È solo lo spazio necessario tra un istante e l’altro. Altrimenti non avremmo la capacità di riconoscerli.
La presenza dell’altro serve solo ad alleviare l’inaccettabilità di un’esistenza imperfetta, costellata di momentanee perfezioni.